Vita da baby | 23 marzo 2022, 12:34

Un tuffo in piscina? E perchè no!

Non sono solo le temperature miti a invogliare mamme e papà a portare i loro piccoli in piscina. È infatti comprovato che l’acquaticità faccia bene ai bambini, fin dai primi mesi di vita

Un tuffo in piscina? E perchè no!

Ormai è opinione condivisa dagli esperti che i corsi di acquaticità, o comunque la frequentazione di una piscina fin dai primi mesi di vita, abbiano evidenti benefici sullo sviluppo psicomotorio del piccolo. Andare in piscina, infatti, fa bene perché: rafforza il legame con i genitori, tonifica il sistema cardiocircolatorio, permette di sperimentare le abilità motorie che saranno alla base del camminare, facilita la familiarizzazione con l’acqua (in previsione di un corso di nuoto vero e proprio) e aiuta a mantenere pulite le vie respiratorie, grazie all’ambiente umido circostante. E poi rappresenta una straordinaria esperienza di gioco e libertà: se sul terreno i bambini di questa età non riescono ancora a prendere in mano gli oggetti, in acqua paiono godere del contatto fisico con la materia liquida. D’altronde, non hanno passato nove mesi a galleggiare nel liquido amniotico della mamma? Un tuffo in piscina rappresenta dunque per il neonato una regressione tranquillizzante, tanto che per alcuni bambini l’effetto ‘nanna’ durante il corso stesso o durante la notte a venire è automatico. Questo a seguito della liberazione da parte dell’organismo di endorfine, le sostanze che influiscono sulla serenità e sul benessere.

Non necessariamente deve essere la mamma a portare il bimbo in piscina: questo può essere un appuntamento fisso di intimità esclusiva tra papà e figlio.

E per finire: una bella doccia insieme e un massaggio con l’olio preferito su tutto il corpicino.

 

Come scegliere la piscina giusta

  • Verificare la professionalità dell’istruttore: mamma o papà staranno in acqua con il neonato, ma sarà sempre lui il punto di riferimento
  • Informarsi su quanti neonati partecipano al corso di acquaticità: meglio gruppi ridotti, non più di cinque bambini e di età uniforme.
  • Scegliere impianti di dimensioni contenute: il rimbombo tipico delle piscine grandi potrebbe spaventare il bambino.
  • Visitare gli spogliatoi, che siano attrezzati con fasciatoi e box e che ci sia possibilità di allattare o dare il biberon dopo la lezione.
  • Domandare quale sia la temperatura dell’acqua, che non deve essere inferiore ai 32 gradi, mentre quella dell’ambiente deve oscillare tra i 29 e i 31 gradi.

Alcuni accorgimenti pratici

  • Non introdurre il bambino in acqua finché la ferita del cordone ombelicale non si sia totalmente rimarginata (molte piscine private richiedono comunque le prime vaccinazioni, dunque la scadenza dei tre mesi almeno).
  • Quando il bambino inizia a tremare, farlo uscire dall’acqua.
  • Bagnare spesso il capo del bambino in acqua, non essendo ancor ben formato il sistema di termoregolazione.
  • Non è necessario aspettare le famose due ore dai pasti: basta che l’acqua non sia troppo fredda.
  • Procurarsi pannolini da acqua o, ultima trovata, i costumini in lattice, comunque contenitivi.
  • Fare acquaticità è sufficiente una volta alla settimana, con un inserimento graduale.

Niente paura

I genitori apprensivi sappiano che i bambini piccoli, sino a cinque o sei mesi circa, sebbene finiscano con la testa sott’acqua non ‘bevono’, grazie a un meccanismo istintivo d’apnea che fa chiudere l’epiglottide e non consente all’acqua di passare.

 

C.C.

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