Che l’acqua sia il più importante principio nutritivo del nostro organismo è chiaro. Per molti, però, non è ancora una (buona) abitudine, neanche per i bambini che, dopo lo svezzamento, possono introdurla come fabbisogno giornaliero. Allora perché spesso non bevono? Nei primi mesi di vita il lattante non ha bisogno di bere acqua. Il latte materno e quello in formula sono composti per oltre il 95% di acqua. Infatti tutti i liquidi, comprese le tisane, non sono necessari fino all’assunzione dei primi alimenti solidi. Lo stomaco del piccolo rischierebbe di riempirsi, arrivando alla poppata con falso senso di sazietà. L’acqua è fonte di vita, perché il nostro metabolismo è attivo grazie alle sostanze in essa disciolte, che rappresentano l’80% del peso corporeo nel neonato e il 60% nell’adulto. Il bambino ha un ricambio dell’acqua cinque volte più rapido di quello dell’adulto e deve bere ogni volta che ha sete, maggiormente durante l’estate, negli ambienti più riscaldati, come a scuola, e quando pratica sport.
A partire dai 2 anni, molti genitori lamentano il fatto che i bambini non bevono o non lo fanno abbastanza. Banalmente, il bambino non beve perché non ha sete. Nel nostro organismo il meccanismo è regolato e soddisfa il fabbisogno di liquidi con il latte e con tutto ciò che contiene acqua, come frutta, minestre e passati di verdura assunti nell’arco della giornata. Per i bambini può essere difficile ricordarsi di bere con costanza perché, come gli anziani, hanno un ridotto stimolo della sete e, quando lo avvertono, tale stimolo non garantisce l’introduzione della giusta quantità di liquidi. Inoltre, sono esposti a molteplici distrazioni, come il gioco, e possono dimenticare di farlo.
Altro motivo è il fatto di non essere stati educati a bere, perché l’importanza di una buona idratazione non è sempre nota neppure ai genitori. La disidratazione è uno stato patologico che si instaura quando il bilancio idrico, ovvero la differenza tra acqua assunta e acqua persa, è negativo. Nel bambino la disidratazione determina in prima istanza una riduzione del rendimento psicofisico per arrivare a un deficit di attenzione e memoria, che può influenzare negativamente il rendi-mento scolastico.
Ecco qualche consiglio, perché bere diventi una semplice e sana abitudine.
- La sete va soddisfatta solo ed esclusivamente con l’acqua. No alle bevande zuccherate o ai succhi di frutta, che è meglio somministrare dopo i 3 anni, ricavandoli interamente dalla frutta spremuta.
- Se, verso i 2 anni, il bambino rifiuta di bere, lo abitueremo a piccole quantità, aggiungendo qualche astuzia, magari scegliendo bicchierini colorati come quelli da liquore, per rendere il momento divertente. Possiamo inventare storielle di gnomi, che bevono la stessa acqua magica proveniente dalla montagna, dire semplicemente «bevi, ti fa bene, ti vengono certi muscoli» o raccontare belle filastrocche.
- Proponiamo cibi ricchi di acqua. L’ideale sono minestrine a base di brodo vegetale, pomodori, che contengono il 94,2% di acqua, zucca, che ne contiene il 95%, e altri ancora.
- Assicurarsi di avere sempre a disposizione una bottiglietta di acqua. Associare il gesto del bere a precisi momenti della giornata (come l’inizio o il termine di attività ludiche, i pasti principali, la merenda o prima di andare a dormire) renderà tutto più semplice. Mal di testa e senso di stanchezza sono alcuni sintomi che i bambini potrebbero manifestare quando bevono poco. Il corpo umano non immagazzina l’acqua. La quantità di liquidi che si perde ogni giorno deve essere ripristinata per il corretto equilibrio di corpo e mente e per migliori prestazioni fisiche e intellettuali. È bene ricordare che la quantità e la qualità dell’acqua assunta dal bambino dipendono da età, condizioni di salute, regime alimentare, attività fisica svolta, temperatura e tasso di umidità ambientale. Il resto sta nel fargli capire l’importanza di bere.