Baby news | 20 dicembre 2023, 09:00

Dalla parte delle donne: la violenza ostetrica

Se il più delle volte il parto viene vissuto come un evento positivo, per alcune donne resta il ricordo (sovente non condiviso con altri) di un'esperienza traumatica. Parliamo di violenza ostetrica con l'avvocato Alessandra Battisti

Dalla parte delle donne: la violenza ostetrica

La Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con risoluzione 48/104 del 20 dicembre 1993, stabilisce all’articolo 1 che con l’espressione “violenza contro le donne” si intenda ogni atto di violenza fondata sul genere che abbia come risultato, o che possa avere come risultato, un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, che avvenga nella vita pubblica o privata.

Subito il pensiero va alla violenza in casa, di cui tanto giustamente si parla, o agli abusi sessuali. Si parla invece meno della cosidetta violenza ostetrica, riferita all’abuso realizzato nell’ambito delle cure ostetrico-ginecologiche da parte di chi ha il compito di prestare assistenza alla donna e al neonato (ginecologo, ostetrica o altre figure professionali di supporto): un vissuto traumatico per molte donne considerato, a livello giuridico, come una vera e propria violazione dei diritti umani, che può avere un impatto anche duraturo sul benessere fisico e psicologico delle donne che lo subiscono. Risponde ai nostri dubbi Alessandra Battisti, avvocato e co-fondatrice dell’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica Italia, iniziativa della scoietà civile nata allo scopo di raccogliere dati e testimonianze relativi alla violenza ostetrica, promuovere corsi di formazione e studi al riguardo e, in generale, aumentare consapevolezza e sensibilità sul tema.

Esiste un discorso pubblico sulla violenza ostetrica? Non è un argomento che di solito riempie le pagine dei media...

«Negli ultimi anni, sia in Italia che all’estero, è emerso un discorso pubblico sulla violenza ostetrica anche grazie alle piattaforme social, che hanno consentito alle donne di condividere le proprie esperienze, sebbene sarebbe auspicabile che ci fosse maggior attenzione sul tema da parte delle istituzioni. Già nel 2014 l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva parlato di abusi e mancanza di rispetto durante l’assistenza al parto, stilando un elenco delle situazioni in cui la donna poteva trovarsi (violazione della privacy, abuso verbale, abuso fisico, abbandono, violazione del diritto di essere informato...). Ancora prima, la legislazione venezuelana aveva dato una definizione di violenza ostetrica parlando di appropriazione dei processi riproduttivi delle donne. Nel 2019, la relatrice speciale ONU sulla violenza contro le donne aveva poi sottolineato l'importanza del consenso informato durante l’assistenza al parto».

Qualche anno fa l’Osservatorio ha commissionato un’indagine alla Doxa per approfondire il tema. Da dove è nata questa necessità e quali sono stati i risultati?

«L'indagine Doxa “Le donne e il parto” è nata come evoluzione della campagna social #bastatacere, ideata dalla dottoressa Elena Skoko nel 2016. Tante donne si erano espresse, trovando finalmente un'occasione per far sentire la loro voce, la loro sofferenza per l’esperienza del parto e del ricovero in generale: riferivano trattamenti senza consenso, rimproveri, carenza di informazioni, situazioni di abbandono. L’Osservatorio ha commissionato questa ricerca per poter raccogliere dati sul fenomeno, esattamente come raccomandato dall’OMS. I risultati, ricavati da un campione rappresentativo di 5 milioni di utenti negli ultimi 14 anni (2003-2017), hanno mostrato quanto segue: il 21% delle donne ha dichiarato di aver subito violenza ostetrica durante il parto, il 41% pratiche lesive della loro dignità, il 33% non si è sentito sufficientemente assistito».

Quale potrebbe essere la strada per affrontare il tema in maniera costruttiva?

«Le autorità competenti sono state invitate dalla relatrice speciale ONU ad attivare indagini e predisporre meccanismi che permettano alle donne di riferire le violazioni subite durante l’assistenza al parto. L’obiettivo dovrebbe essere il miglioramento della qualità delle cure, il che significa tenere conto anche del rispetto dei diritti umani, come raccomandato ancora una volta dall’OMS. L’ Osservatorio sulla violenza ostetrica continuerà nella sua attività di sensibilizzazione sul tema di un’assistenza rispettosa alla maternità, nel quadro delle convenzioni internazionali».

L’OMS e la violenza ostetrica

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nella dichiarazione “La prevenzione ed eliminazione dell’abuso e della mancanza di rispetto durante l’assistenza al parto presso le strutture ospedaliere”, definisce i seguenti come trattamenti irrispettosi e abusanti durante il parto nelle strutture ospedaliere:

  • abuso fisico diretto;
  • profonda umiliazione e abuso verbale;
  • procedure mediche coercitive o non acconsentite (inclusa la sterilizzazione);
  • mancanza di riservatezza;
  • carenza di un consenso realmente informato;
  • rifiuto di offrire un’adeguata terapia per il dolore;
  • gravi violazioni della privacy;
  • rifiuto di ricezione nelle strutture ospedaliere;
  • trascuratezza nell’assistenza al parto con complicazioni altrimenti evitabili, che mettono in pericolo la vita della donna.

 

 

 

L.S.