Non solo buone maniere ma il valore del momento condiviso, dall'apparecchiatura della tavola all’esperienza del pasto. Coinvolgere i bambini nella preparazione dei pasti li aiuta ad avvicinarsi a cibi che inizialmente potrebbero non gradire. Parliamo di cibo, mentre lo guardiamo e cuciniamo: si abitueranno a saperlo trattare. Ogni bambino ha il proprio momento giusto: generalmente a 26 mesi non dovremmo più imboccarlo perché è in grado di mangiare da solo, ma non è una regola che vale per tutti. L’approccio cambia a seconda dell'età e dei bambini, senza forzature. Una buona idea è mettere in tavola un cibo nuovo per volta e offrire un pasto vario e comprensivo di frutta e verdura. Alla domanda «lo vuoi?», prepariamoci a ricevere un no. Potremmo replicare con: «assaggialo prima», oppure «ora non ti piace, domani magari cambi idea». Optiamo per porzioni piccole, con la possibilità di fare il bis se lo gradiscono. Questo evita che i bambini si scoraggino alla vista di piatti troppo pieni, abbondanti o elaborati, e contemporaneamente si minimizza il rischio di soffocamento. È sconsigliato camuffare i cibi, come si è spesso soliti fare con le verdure, perché il bambino finirebbe per nutrirsi senza avere percezione di ciò che mangia e potrebbe associare la “menzogna” all’obbligo. Verso i 2 anni e mezzo, i piccoli potrebbero essere in grado di servirsi il cibo da soli dal piatto di portata condiviso, prendendo ciò che desiderano. Il momento della tavola deve essere piacevole e rilassante: se non li costringiamo a mangiare più di quanto desiderino, si sentiranno liberi di scegliere la quantità più adatta. Se desiderano tornare a giocare, possiamo lasciarli fare, ricordando loro che dopo non avranno più l'opportunità di tornare a tavola.
Nei primi anni di vita il bambino esplora e manipola il cibo (assaporando anche l’autonomia). La zona pranzo potrebbe divenire terremotata, ma consolatevi al pensiero che quelle del bambino sono sperimentazione da cui trae informazioni visive, olfattive e tattili; inoltre, impara a imitare il comportamento dei commensali adulti o coetanei. E inizierà a maneggiare le posate e i bicchieri: in maniera goffa, certo, ma invece di spazientirci di fronte ai disastri, pensiamo a quanto duri poco questa fase e a quanto ci piacerà ricordarla. A tavola si sta tutti insieme: spesso i bambini mangiano prima degli adulti per comodità, ma è una prassi che impedisce condivisione di chiacchiere, risate, esortazioni; anche se i più piccoli non possono seguire i discorsi degli adulti, entreranno comunque a far parte di quell’atmosfera di affiatamento che solo la tavola sa dare. Presentare la tavola con fantasia per un bambino vuol dire utilizzare stoviglie divertenti, tematiche e colorate, anche bavaglini fantasiosi possono essere di aiuto. Serviamoci della fantasia: la minestra ai broccoli diventa quella di Hulk, le uova di quaglia quelle di un piccolo drago magico e il riso basmati il pasto del protagonista di quel cartone giapponese… Lasciamo sempre che sia il bambino a dettare il ritmo, anche quando si mostra necessario imboccarlo. L’aiuto dell’adulto deve essere rassicurante e fermo: «prendi un pezzetto e, se ti piace, ne prendi ancora», senza inondare il bambino di raccomandazioni: «se non finisci di mangiare…»; «ti imbocco, se no non finisci più!», «aspetta che ti pulisco», «non ti sporcare», «mastica bene…»; «ma non hai sete?!», perché nessuno vorrebbe mangiare con questo sottofondo. L’abilità di autoregolarsi può essere compromessa da pareri non richiesti: «se mangia così poco non si alimenta bene», «non dargli troppo altrimenti diventa obeso», «non è vero i bambini si sanno autoregolare…». Non preoccupatevi se il vostro piccolo non ha sempre appetito (a meno che non stia bene) e ricordate che è tipico della crescita un progressivo affrancamento, verso la conquistata indipendenza. La ricetta stavolta è una manciata di regole e una generosa dose di pazienza!