Di recente, l’ISTAT ha pubblicato un report che fornisce un quadro completo del sistema di offerta dei nidi e dei servizi integrativi per la prima infanzia, a seguito di indagini svolte dallo stesso ISTAT all’inizio del 2023 e dall’Università Ca’ Foscari di Venezia.
Si è soliti dire che in Italia è molto difficile, se non impossibile, accedere ai nidi pubblici. Se la realtà quotidiana non è poi tanto lontana da queste “voci”, soprattutto per quanto riguarda alcune regioni, il report ci sorprende quando sottolinea che il rapporto tra posti disponibili e numero di bambini residenti (tasso di copertura) nel 2023 è cresciuto. Il dato è il risultato di un effettivo incremento dell’offerta ma, in parte, anche della diminuzione dei potenziali fruitori a causa del calo della natalità. Un trend che non si può tralasciare nella definizione delle politiche per la famiglia. In questo contesto, resta da osservare che l’aumento dell’offerta riguarda in maggior misura i servizi a titolarità privata, che gradualmente hanno superato la dotazione dei posti disponibili nel settore pubblico.
Regione per regione
Un risultato positivo è che proprio il Mezzogiorno è l’area geografica che vede il maggiore incremento dei servizi per la prima infanzia, sebbene l’offerta risulti ancora limitata in rapporto alla domanda. Anche se l’Italia si avvicina sempre di più al parametro del 33% (obiettivo europeo fissato 14 anni fa) grazie al tasso di copertura complessivo offerto dagli asili nido (pari a 30 posti ogni 100 bambini), il Sud è invece ancora lontano da questo traguardo. Così, permangono ampissimi divari territoriali fra Centro-Nord e Sud: l’Umbria è la prima regione italiana, e ha persino superato il nuovo target europeo del 45% (46,5 posti ogni 100 bambini residenti sotto i 3 anni); seguono Emilia Romagna, Valle D’Aosta e Toscana, rispettivamente con 43,1, 43 e 40,7 posti ogni 100 bambini, mentre Sicilia, Campania e Calabria restano al di sotto del 15%.
Oggi si attendono però gli effetti degli investimenti del PNRR: il 55% dei fondi, infatti, è stato destinato ai comuni del Mezzogiorno e il 32% è diretto a territori con un basso livello di copertura (tra 0 e 16 posti ogni 100 bambini fino a 2 anni di età). Un punto critico sarà assicurare che, grazie ai fondi, non solo aumentino i posti disponibili, ma si garantiscano anche la sostenibilità e la qualità dei servizi, specialmente nelle aree che hanno registrato difficoltà nello sviluppare autonomamente un’offerta educativa per l’infanzia. Gli elevati costi di gestione, che non possono essere completamente trasferiti sulle famiglie attraverso l’aumento delle rette, pena l’esclusione di molti potenziali utenti, sono un tema che deve rimanere centrale nelle valutazioni future.
Nidi e denatalità
La diffusa preoccupazione che il crollo della natalità rappresenti una criticità per il possibile sottoutilizzo delle strutture appena finanziate dal PNRR è infondata: nel 2022/2023, la domanda di posti è comunque aumentata rispetto all’anno precedente e il tasso di posti autorizzati occupati è superiore al 90%. Non mancano poi le liste d’attesa: oltre la metà dei nidi non riesce ad accogliere tutti bambini che fanno richiesta, quota che risulta in aumento rispetto al precedente anno educativo, indicando una crescita della domanda più rapida rispetto all’aumento dei posti. Nel settore pubblico si parla di mancanza di posti per il 70% dei servizi presenti sul territorio nazionale.
Diseguaglianze
Nell’accesso ai servizi si rilevano forti asimmetrie e disuguaglianze socio-economiche. Mentre per i ceti sociali con più alto reddito il nostro Paese ha già raggiunto il nuovo parametro del 45% di frequenza, auspicato dall’UE per il 2030, le condizioni di svantaggio economico delle famiglie, la non occupazione di un genitore e la cittadinanza straniera sono associate a tassi di frequenza al nido molto inferiori, con livelli particolarmente bassi in caso di rischio di povertà o di esclusione sociale. Meno servizi pubblici sono presenti su un territorio, minore sarà anche la possibilità di accesso per le famiglie fragili: nascere in un nucleo familiare in cui entrambi i genitori lavorano offre maggiori probabilità di accedere al nido rispetto allo svantaggio economico della famiglia. L’obiettivo dovrebbe essere invece quello di valorizzare la funzione educativa dei servizi per la prima infanzia, andando quindi a privilegiare i bambini che crescono in contesti familiari più difficili. Si auspica che i piani regionali e nazionali di sviluppo del sistema portino a poco a poco a garantire qualità e accessibilità uniformi su tutto il territorio nazionale, e a ridurre le disuguaglianze.