Ormai la parola “fluido” si è affermata nel nostro vocabolario in riferimento a un modo di vivere la propria sessualità in maniera flessibile e aperta alle esperienze più diverse.
Ma, come per la maggior parte dei concetti, oggi “fluido” ha visto ampliare il suo significato andando a rappresentare la libertà di esprimere il proprio essere, senza i tipici preconcetti legati al sesso: educazione, abitudini, abbigliamento, per arrivare ai giocattoli.
Non esistono più (o non dovrebbero esistere) il bambolotto per le femmine e la macchinina per il maschio, i regali rosa e quelli azzurri. Niente condizionamenti sociali, insomma, per una crescita arcobaleno che favorirebbe lo sviluppo dell’autostima.
È quanto dichiarato attraverso i social anche da VIP come Will Smith («Il più grande dono che posso fare ai miei figli è la libertà di essere quello che sono»), la cantante Pink e la ex coppia Angelina Jolie e Brad Pitt. Al di là delle scelte educative delle star di Hollywood, anche alcuni governi si stanno adoperando per contrastare gli stereotipi di genere.
È il caso della Spagna, che lo scorso anno ha vietato le pubblicità di prodotti per bambini 0/7 anni che facciano distinzione tra giochi per maschi e per femmine o che siano imperniate sulla tradizionale dicotomia “i maschietti combattono o costruiscono, le femminucce lavano e cucinano”. L’idea di base è che i giocattoli concepiti per predisporre bambini e bambine ai loro ruoli di genere, e adeguarli alle aspettative sociali, rischiano di trasmettere modelli educativi sbagliati.
Per il lancio di questa campagna antidiscriminazione il governo spagnolo ha realizzato uno spot dal titolo Jugar no tiene género (Il gioco non ha genere), dove alcuni giocattoli animati si ribellano al fatto di essere destinati solo ai maschi o solo alle femmine, rivendicando il diritto di poter giocare con il 100% dei bambini.
Ma la discriminazione si combatte anche raccontando la bellezza ella diversità, la complementarità dei sessi, valorizzando le peculiarità di maschio e femmina. Educando, insomma, fin da piccoli, alla consapevolezza.
Il dibattito è aperto.
Identità di genere
L’espressione si diffonde negli anni ’60 in riferimento all’appartenenza alle categorie di “maschio” o “femmina”. Si è poi evoluta andando a intendere l’immagine che la persona ha di sé, indipendentemente dal sesso, espressa attraverso stile, nomi e scelte di pronomi, comportamenti caratterizzanti il genere a cui sentiamo di appartenere. Nel 2011 l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva riassunto così: «Il sesso si riferisce alle diverse caratteristiche biologiche e fisiologiche di maschi e femmine, come organi riproduttivi, cromosomi, ormoni. Il genere si riferisce alle caratteristiche socialmente costruite di donne e uomini, norme, ruoli e relazioni di e tra gruppi di donne e uomini. Varia da società a società e può essere cambiato».