Vita da baby | 27 aprile 2023, 00:00

Terrible two: il paradiso perduto

A pensarci bene, potremmo definire “terrible” anche i 3, 4 o 5 anni, se non riusciamo a spiegare alcuni comportamenti “nascenti” in nostro figlio

Terrible two: il paradiso perduto

Urla, crisi di pianto, “no” e poi “no”. I terribili 2 (anni), dall’inglese terrible two, sono sicuramente momenti di difficoltà da risolvere sia per un bambino che per un genitore. Si dice che comincino verso i 18 mesi per interrompersi a circa 3 anni. Prima dei 2 anni i bambini non mostrano particolari atteggiamenti di sfida; il repentino cambiamento genera negli adulti perplessità e spiazzamento perché, da un momento all’altro, si trovano a dover cercare un nuovo equilibro con il piccolo e con il resto della famiglia. I primi 3 anni di vita sono un continuo cambiamento alla ricerca di risposte e armonia, dal sonno all’alimentazione, dal gattonamento ai primi passi; non si fa in tempo a comprendere un passaggio che ci si trova immersi in quello successivo. Sarebbe utile capire come sono fatti i bambini in ogni momento della loro vita, di cosa hanno bisogno, cosa vogliono comunicarci e quali sono le loro vere motivazioni. Provate a immaginare com’è complessa l’evoluzione fisiologica di un bambino che comincia a percepirsi per la prima volta come individuo indipendente dai genitori. Il “no” per loro diventa un diritto acquisito e, se viene detto ripetutamente, significa affermarsi senza i genitori. È un modo per sfidare l’adulto e capire fino a che punto si può spingere nell’affrancamento. È un periodo delicato che va analizzato, accolto e affrontato con attenzione. Le grida e i rimproveri perentori non aiuteranno un bambino in preda alla rabbia. Una volta calmato, potrà recuperare emozioni e vissuti. La vicinanza, l’abbraccio e la calma lo aiuteranno a recuperare anche la fiducia nella possibilità di esprimersi; le parole servono a poco perché sono troppo piccoli per comprendere un ragionamento strutturato (ci ascolteranno al massimo per un minuto!). I “no” si alternano spesso agli “io”, perché il bambino percepisce la propria personalità, separata dalla madre, il suo bersaglio preferito in questa fase di autoaffermazione e di costruzione dell’autostima. “Se la prende” di più con lei, perché è la persona dalla quale sente di dipendere maggiormente e con la quale è più libero di esprimersi; la sua intenzione non è ferire, ma intraprendere un percorso indipendente. 

Se a questa età il piccolo è ribelle, disobbediente e poco accomodante, non preoccupatevi. Se ripete spesso «è mio!», è perché sta imparando a difendere i propri interessi e le proprie idee con sincerità. Costringere un bambino a ubbidire – «e non rispondere!» – è come negargli la scoperta di sé stesso. La libertà è racchiusa nei limiti da impartire ai bambini, che hanno sempre bisogno di una figura di riferimento, ferma e forte, che trasmetta le regole e li faccia crescere in maniera sana, sicura e con un background culturale adeguato. I no, le opposizioni e le apparenti sfide significano anche le paure e le insicurezze del piccolo. C’è il desiderio di avventurarsi in un mondo sconosciuto e c’è la paura dell’ignoto; per questo ha bisogno di un genitore che lo sappia guidare. Il bambino sta imparando a gestire la frustrazione e a controllare la rabbia. Noi dobbiamo permettergli di farlo, senza anticipare con parole o gesti le sue emozioni, che imparerà a riconoscere proprio facendosi attraversare da rabbia, tristezza e paura. Il genitore dovrà stargli accanto lasciando che questo tempo evolva e offrendogli qualche semplice strategia. Qualche consiglio pratico può essere: anticipare crisi che si innescano in determinate situazioni; ridurre la frequentazione di ambienti chiusi, affollati e troppo stimolanti (supermercati, centri commerciali…), che stancano e confondono il bambino; condurlo in spazi naturali e verdi rassicuranti, fonte di ispirazione creativa; utilizzare le loro richieste di emancipazione come opportunità per sentirsi utili nelle piccole faccende domestiche, come apparecchiare la tavola, lavarsi le mani da solo, mettersi le scarpe… Un genitore non dovrebbe sentirsi inadeguato; frustrazione ed esasperazione, quando i bambini sono particolarmente irritabili, sono lecite e condivisibili. Qualche suggerimento può rassicurare, ma non affidatevi alla risposta perfetta (che non esiste!). Se siamo nervosi o abbiamo reazioni sbagliate, evitiamo di affogare nel senso di colpa, che crea solo insicurezza a noi e ai bambini, rinomate “spugne di emozioni”. Insomma tutto sembra “terrible”, a questa età, ma poi passa. 

Gloria Cardano

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