Mondo mamma | 24 gennaio 2024, 10:00

La mia prima capriola

La presentazione podalica è tra i temi che agitano le future mamme. Fermo restando che c’è sempre una soluzione (e quindi non bisogna preoccuparsi), scopriamo quali sono le tecniche per invitare il bambino a capovolgersi e a nascere con la testa in giù

La mia prima capriola

Fare una “capriola” ancor prima di nascere? È quanto viene proposto, ove ce ne sia la possibilità, alle donne incinte il cui bambino si presenta in posizione podalica, cioè con i piedini o le natiche verso il canale di uscita dell’utero.

Nel 96% delle gravidanze a termine, il bambino “decide” naturalmente di sistemarsi a testa in giù con le gambe verso l’alto, piegate (il che avviene di solito attorno alla 32a settimana di gravidanza), ma esiste un 4% di casi in cui la nuca si trova verso l’alto. Si tratta della posizione podalica, tra le principali cause del taglio cesareo programmato.

Proprio per ridurre la necessità di intervenire con un taglio cesareo, esistono tecniche che hanno lo scopo di far girare il feto a testa in giù e permettere, di conseguenza, di affrontare un parto naturale. Con il progredire delle settimane di gestazione, infatti, la probabilità di versione spontanea si riduce ed è quindi consigliabile tentare di supportare la “capriola” del feto, ovviamente rivolgendosi a uno specialista e prendendo tutte le dovute precauzioni.

Tra i metodi più dolci c’è la moxibustione: si tratta dell’applicazione di calore su alcuni punti dell’agopuntura, secondo quanto indicato dalla medicina cinese, in particolare sul meridiano della vescica. L’agopuntura stessa e alcune tecniche posturali, anche usate in combinazione, potrebbero a loro volta favorire il capovolgimento del feto, senza rischi né pericoli, ma non c’è alcun riconoscimento scientifico della validità di questi metodi.

Esiste invece una manovra riconosciuta, che viene effettuata da un medico e che induce il bambino a compiere una capriola in utero. Si chiama versione cefalica esterna o “manovra di rivolgimento. Tale manovra è attuabile, se esistono le indicazioni mediche, prima del travaglio, intorno alla 36a-37a settimana. L’ecografia deve confermare la posizione fetale, il benessere del bambino ed escludere condizioni che non permetterebbero di eseguire la manovra, come placenta previa o anomalie del liquido amniotico. Nel momento in cui viene definita la fattibilità, la manovra viene eseguita dal ginecologo somministrando alla mamma un farmaco in grado di rilassare la muscolatura dell’utero. Fondamentale il monitoraggio cardiologico del feto, pre e post intervento. La manovra può risultare fastidiosa e talvolta dolorosa, ma è efficace nel 58% dei casi, percentuale che sale qualora non si tratti di una prima gravidanza.

Oggi, comunque, la medicina indica come non del tutto impossibile l’eventualità di un parto naturale in presentazione podalica: gestendo al meglio il travaglio e la fase di espulsione, fatte evidenti alcune condizioni relative alla salute della madre e del nascituro, il parto naturale è, secondo alcuni esperti, fattibile. Considerati i rischi a cui la mamma può andare incontro sia in caso di parto naturale con il feto in posizione podalica, sia durante la manovra di rivolgimento, è sempre bene affidarsi a un bravo professionista e ascoltare le sue indicazioni.

Ma perché il feto è podalico?

Non si conoscono esattamente le cause della posizione podalica: alcuni studi attribuiscono la presentazione podalica a situazioni di obesità materna, all’abuso di fumo, alla presenza di una placenta previa o di fibromi, ma la scienza non è unanime nella risposta.

C.C.

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