I bambini raccontano tutto, ma non sempre… «Hai mangiato a scuola?». «Sì». «Che cosa?». «Non me lo ricordo». Allora scatta il dubbio: mio figlio mangia o non mangia? La maestra è il primo test e spesso non ci fidiamo neanche di lei, perché di bambini da seguire ne ha tanti, e perché siamo apprensivi. «Saltare il pasto non gli farà bene, è così piccolo… E se ne salta tanti? E se li salta spesso?». Allarme! La mensa dell’asilo o della materna è una buona opportunità per ampliare l’alimentazione e il genitore dovrebbe valorizzare gli aspetti positivi che includono il fatto di mangiare con altri bambini. Se il piccolo è abituato a casa a trattamenti gastronomici speciali, la mensa della scuola potrebbe rappresentare qualche difficoltà. Conoscendo il menù scolastico, il genitore potrebbe introdurre a casa i cibi che il bambino rifiuta, abituandolo a mangiare tutto o quasi. L’ambiente scolastico, per il bambino, è una novità e il contesto di condivisione con compagni e insegnanti non sempre digeribile, come certi alimenti che rifiuta o, meglio, che non fanno parte delle sue abitudini culinarie. Nonostante la nostra frustrazione, il bambino ha bisogno di fidarsi dell’istituzione che l’asilo rappresenta e la mensa è un importante momento relazionale di cui spesso i genitori non si rendono conto, puntando solo a sapere il proprio figlio rimpinzato e satollo. La scuola costituisce anche un momento di distacco e i piccoli possono manifestare delle regressioni per attirare l’attenzione dei genitori che, in quel momento, non si occupano di lui. Mangiare è un occasione di condivisione, come lo è stato l’allattamento, e soprattutto di comunicazione, infatti anche da adulti ci piace mangiare con chi ci fa stare bene e scegliamo i ristoranti di cui ci fidiamo.
Se condividiamo con il nostro bambino il menù della mensa, penserà che sappiamo quello che mangia e si sentirà meno solo in questa impresa. Naturalmente, è necessaria una certa leggerezza parlando del cibo all’asilo, per evitare che il bambino ne approfitti ed eserciti una sorta di potere nel rifiutare il cibo, perché quel rifiuto può rappresentare il timore della scuola (intendiamo sempre asilo e materna) e di tutti i nuovi stimoli che comporta. Dobbiamo tenere presente che, anche se il bambino è un mangione, o se per alimentarlo è necessaria una piccola battaglia, non si può andare contro le sue normali esigenze e i suoi gusti. Magari ha bisogno di tempo per ambientarsi e, se le maestre saranno attente, ogni nuovo alimento che assaggerà sarà una piccola vittoria, un risultato e un’esperienza da ripetere. Intanto, a casa, si possono riproporre i cibi che non gli vanno a genio, per rivisitarli positivamente in famiglia. Prima di avvilirci, proviamo a chiedere a noi stessi quanto siamo ansiosi e preoccupati per l’eventualità che non mangi, e quanto lo possiamo influenzare anche senza essere presenti. Intanto, concediamogli una bella colazione con quello che gli piace, in nostra compagnia; magari rubacchiando un po’ di tempo alla routine frettolosa della mattina, che spesso somiglia poco a quella idilliaca e distensiva di certe pubblicità. All’uscita dall’asilo, invece di chiedergli cento volte se ha mangiato, cosa ha mangiato, come ha mangiato, proponiamogli una bella merenda che lo metta di buon umore, scacciando per un po’ la responsabilità di rispondervi «Sì, ho mangiato», «No! Anzi, non mi ricordo cosa». Con pazienza, nel tempo, ci sentiremo rispondere: «Ho mangiato tutto, la pasta è più buona di quella che fai tu».