Baby news - 15 marzo 2024, 00:00

Mamme sul web. Cosa significa essere influencer

Valentina, Rachele, Giorgia e Martina. Mamme come tante, con gli stessi dubbi, le stesse gioie, le stesse paure, che ogni giorno raccontano attraverso i loro canali social. Ognuna con il suo stile, ma accomunate da un comune denominatore vincente: la naturalezza

Mamme sul web. Cosa significa essere influencer

Il termine micro influencer è un neologismo che nasce dalla volontà di definire tutti quei volti protagonisti dei social che possono contare su community relativamente piccole (si parla di platee che vanno dai 20mila ai 100mila follower su IG o TikTok) ma ad altissima partecipazione. Il loro segreto? Aver conquistato la fiducia di una nicchia specifica e con questa dialogare, confrontarsi, scherzare. Un po’ come si fa tra amiche, come racconta Valentina Tartarini, su Instagram @mammapuntoacapo. Mamma di due bambine, ripercorre la sua storia: «Avevo aperto un profilo personale su Instagram alla nascita della mia primogenita, proprio come fanno in tanti. La seconda gravidanza ha comportato varie problematiche, conclusesi con un parto prematuro. La mia lunga assenza dal lavoro non è stata accolta bene in azienda. Come avrete già capito, al mio ritorno sul posto di lavoro sono stata messa da parte. Così ho sentito la necessità di sfogarmi, prima con un blog personale, poi direttamente sul canale IG. Lì ho realizzato che erano tantissime le madri che avevano dovuto affrontare un vissuto simile al mio: “Anch’io ho perso il lavoro”; “anch’io non dormo”; “che crema usi per la dermatite?”. Una mamma, soprattutto al primo figlio, ha bisogno di confronto. Ed è iniziato uno scambio fitto, una sorta di dare e avere con le mamme che hanno cominciato a seguirmi, una naturale comunicazione bilaterale che continua ancora oggi. Molti dei miei follower sono cresciuti con me e con le mie bambine, oramai è come se li conoscessi! Alla sera, quando le mie principesse dormono, rispondo sempre a tutti i messaggi privati. Ci tengo molto al rapporto personale».

Anche Rachele Moscatelli, @rachele.moscatelli, condivide l’idea del villaggio virtuale: «Ho iniziato 9 anni fa un po’ per gioco. Sono una social media strategist e applicai il mio know-how per costruire un profilo puntando sull’estetica (era il trend di quel periodo), nel momento in cui Instragram ti permetteva di crescere in maniera esponenziale: in un mese raccolsi 10mila follower. Rimasta incinta di Emanuele, ho trovato nei social dei canali per me inesauribili di informazione: esercizi contro la sciatica, cosa fare per la nausea... Ho pensato: perché non raccontare ciò che imparo dalla mia esperienza? Da come è andata l’induzione ai giochi che propongo al mio bimbo di 2 anni. Ogni giorno, per me, è una scoperta da condividere. Le mamme sentono il bisogno di immedesimarsi nelle difficoltà e nelle gioie di donne che sentono simili a loro. Nessuno è pronto ad affrontare la solitudine della maternità, e i rimedi della nonna sono ormai fuori moda. Senza pretendere di dare consigli (ogni gravidanza e ogni bambino sono a sé), sono diventata un punto di riferimento per tante mamme, semplicemente raccontando la mia vita».

Anche i follower di Giorgia Fumarola, @fumarolagiorgia (giorgianowords su TikTok, la piattaforma dove ha iniziato durante il lockdown), apprezzano il racconto della sua quotidianità, della vita in famiglia descritta senza troppi fronzoli, così che le persone che la seguono possono rivedersi in quello che mostra: «Sui social siamo spesso abituati a vedere vite perfette, case perfette, figli e genitori perfetti: noi non lo siamo, siamo una famiglia semplice e ai nostri follower piace proprio questo. In più, l’essere una famiglia di nazionalità miste ha aiutato tante altre coppie come noi a sentirsi incluse. Inclusività, umiltà e trasparenza credo siano i segreti che hanno aiutato il nostro profilo a differenziarsi dalle tante pagine che si trovano su Tiktok o Instagram».

Martina Pasilino, @mammainbolla, è diventata mamma a 19 anni: «Quando ho cominciato coi social avevo un solo obiettivo: trovare altre mamme super giovani come me e altre famiglie miste come la nostra, il mio compagno è marocchino. Stavo attraversando un momento di forte solitudine, avevo partorito da pochi mesi: mi resi conto che, per incontrare persone simili a me, la cosa migliore da fare era iniziare a raccontarmi per prima. Ho capito che questo sarebbe potuto diventare un lavoro pochi mesi prima del primo lockdown, quando alcuni brand dedicati alla nicchia family hanno iniziato a contattarmi. Ero incredula, mi pareva assurdo che delle aziende potessero volere noi e la nostra storia come volti delle loro campagne pubblicitarie sui social. Col passare del tempo ho perfezionato la mia tecnica nella creazione dei contenuti, e questo è stato il passo che mi ha permesso di fare dei social un lavoro. Ma non mi sento una “influencer di successo”, mi sento semplicemente una donna, e una mamma, che ha avuto il privilegio di essere ascoltata da tante persone nel racconto passo dopo passo della sua storia. Mi considero fortunata, e sono grata, per il fatto di poter ascoltare ogni giorno altre donne e mamme, che scelgono me come riferimento per raccontarsi e chiedere consiglio. Ciò che mi distingue credo sia proprio l’autenticità. Quando mi capita di incontrare di persona le ragazze che mi seguono, la prima cosa che mi dicono è: “Sei uguale identica alle tue storie”. Tengo tantissimo a far sì che il mio sia un percorso vero e ricco di significato».

Martina ha toccato un tema interessante: può essere questa la professione ideale per una mamma?

Giorgia testimonia come questo tipo di lavoro offra il grande vantaggio di gestire al meglio e senza vincoli i bambini, la casa e il proprio tempo, al contrario di altre professioni. «Consiglierei però questo mestiere solo nel caso in cui condividere la propria vita ed esporsi sui social sia una cosa che piace e che non stravolge completamente il proprio essere, perché il racconto dev’essere naturale e spontaneo per riuscire al meglio». Rachele, invece, fino a qualche mese fa ha continuato a lavorare come social media manager, abbinando il ruolo di influencer a quello di dipendente; ora è invece pronta a diventare un’imprenditrice a tutti gli effetti. Valentina: «Racconto la mia realtà con spontaneità e ironia, ma dietro ci sono studio e lavoro. Le inquadrature, i tempi, la musica, nulla è per caso. Agli inizi ho fatto corsi di fotografia e social marketing per carpire i trucchi del mestiere, e anche oggi mi tengo costantemente aggiornata. Insomma, se lo fai per gioco puoi improvvisare, se è un lavoro a cui ambisci, ci vogliono impegno e costanza. Come per ogni cosa».

Piccole star crescono

Un tema particolarmente sentito dalle influencer riguarda la tutela della libertà di scelta dei loro bambini. Fino a quando sono piccoli, sono naturalmente i genitori a decidere se e in che modo coinvolgerli nell’attività della madre e nella sua immagine. Ma qual è il loro atteggiamento rispetto al mestiere della mamma non appena arrivano a un’età di maggior consapevolezza? Le 4 talent intervistate rispondono all’unisono: talvolta sono i bambini stessi a chiedere di scattare una foto o fare un video, ma ci sono anche giorni in cui dimostrano di non averne affatto voglia. Da parte delle madri c’è il pieno rispetto della loro volontà. Inoltre, un’attenzione costante a non riprenderli in situazioni che potrebbero metterli in difficoltà e a far loro visionare i materiali che li ritraggono prima della pubblicazione. Il diritto alla privacy è una priorità.

L.S.

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